Licenziamento illegittimo se la contestazione è tardiva

E’ quanto ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza del 14 settembre 2011, n. 18772, in conformità al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia.

I giudici di primo e secondo grado, oltre ad accertare il demansionamento di un dipendente di una società, annullavano il licenziamento comminato al medesimo, disponendone la reintegrazione nel posto di lavoro, con le mansioni già svolte, in aggiunta al risarcimento del danno non patrimoniale.

I giudici di merito, in particolare, ritenevano il recesso privo di giusta causa o giustificato motivo, in quanto gli addebiti consistenti nella violazione dei doveri di fedeltà, diligenza, correttezza e buona fede, erano stati tardivamente contestati.

Il “principio della immediatezza”, per la Cassazione, trova fondamento nell’art. 7, L. n. 300 del 1970, che riconosce al lavoratore incolpato il diritto di difesa: diritto da garantirsi nella sua effettività in relazione ad una contestazione immediata dei fatti contestati, per consentire al lavoratore di predisporre il materiale difensivo per contrastare il contenuto delle accuse.

In giurisprudenza, l’applicazione di detto principio è stata “temperata”, ritenendo la stessa compatibile con un intervallo di tempo necessario al
datore di lavoro per il preciso accertamento delle infrazioni commesse dal prestatore di lavoro.

L’immediatezza si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, proprio perché la tardività della
contestazione e del provvedimento di recesso induce a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento, ritenendo non grave o, comunque, non meritevole della massima sanzione la colpa del lavoratore.

Tale considerazione, osserva la Corte, va integrata con il rilievo secondo cui il requisito dell’immediatezza deve essere inteso in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo di tempo, più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso, restando comunque riservata al giudice del merito la valutazione delle circostanze di fatto.

Secondo la Cassazione, la sentenza impugnata è in linea con i principi di diritto, dove ha affermato che, se anche il principio dell’immediatezza va inteso in senso relativo, tenuto conto dell’illecito disciplinare nonché del tempo per espletare le indagini, non può procrastinarsi per un tempo eccessivo l’esercizio del potere disciplinare, tanto da rendere al dipendente impossibile l’esercizio del diritto di difesa.

Nella specie, le contestazioni mosse per la prima volta al lavoratore nel maggio 2001, sono state ritenute tardive, poiché i relativi fatti risalivano al 1999 e gli stessi erano conosciuti alla società, tanto che la stessa assumeva la decisione di destinare, nell’ottobre dello stesso anno, il dipendente ad altro incarico, senza muovergli alcuna contestazione.