Transizione 4.0: occhio alla retroattività. Non per tutte le misure le maggiorazioni si riversano sul 2020

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Il pacchetto Transizione 4.0 ha subito diverse modifiche con la legge di Bilancio 2021.
I cambiamenti più importanti sono stati previsti per il credito investimenti: oltre alla maggiorazione delle
aliquote e dei massimali, sono state anche inserite nuove voci di spesa ammissibili, come ad esempio gli
investimenti per lo smartworking, al momento ammissibili per il solo esercizio 2021.
In ordine alle modifiche apportate, viene subito dopo la Ricerca e Sviluppo: anche in questo caso si è
intervenuti su alcune voci di spesa, al fine di porre rimedio ad alcune mancanze del Legislatore nella
precedente legge di bilancio. In secondo luogo, vengono aumentate le percentuali di beneficio ottenibile.
In ultimo la Formazione 4.0: nessuna modifica in merito all’entità agevolativa, ma sono previste nuove voci
di spesa ammissibili, in ottemperanza alla normativa europea.

Quale disciplina è davvero retroattiva
Negli ultimi giorni, da una lettura testuale del contenuto normativo è possibile rintracciare un’operatività
retroattiva sull’intero pacchetto.
Palese, nel caso del credito investimenti, più dubbio nel caso della Ricerca e Sviluppo. La conseguenza è in
ogni caso chiara: in assenza di norme di coordinamento l’aumento di aliquote fa gola al contribuente che
cerca di ottenere il massimo beneficio dai suoi investimenti.
In effetti, ai commi relativi alla ricerca e sviluppo e alla formazione 4.0, la nuova normativa andrebbe
applicata “nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019” “e fino a quello in
corso al 31 dicembre 2022”.
Leggendo tale disposto normativo, per ovvie ragioni la retroattività sembra essere applicabile. Ma è
davvero così?
Per il credito investimenti, l’applicazione retroattiva è parziale e data dalla sovrapposizione delle due
norme: in questo caso infatti, per gli investimenti a partire dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre
2021 (salvo possibilità di prolungare l’arco temporale fino al 30 giugno 2022 versando un acconto del 20% e
in presenza di un ordine controfirmato al 31/12/2021) è già possibile fruire del nuovo credito di imposta.
Data la facoltà al contribuente di poter utilizzare anche negli anni successivi le quote di credito non
utilizzate, come confermato dall’Agenzia delle Entrate nell’ultimo incontro di Telefisco, resta in capo a
quest’ultimo valutare la convenienza di quale norma applicare, in un trade off tra aliquota maggiore e
prudenza in un’eventuale sede di controlli.
Caso diverso per le altre due materie oggetto di credito di imposta.
In questo caso occorre effettuare un’analisi più dottrinale e valutare la differenza tra le modifiche di
coordinamento formale e sistematico e quelle di carattere sostanziale apportate alla normativa.
Sulla base di questo principio, possiamo infatti distinguere due tipi di interventi da parte del Legislatore:
1- Il primo, volto a colmare alcune lacune, ad armonizzare i disposti normativi e specificare alcune voci
di spesa;
2- Il secondo volto ad entrare nel merito e nella qualità della misura in sé, aumentando sia le aliquote
applicabili, sia i massimali, con conseguenze sensibili su quanto effettivamente possa spettare a
singolo contribuente interessato.

Mentre gli interventi del primo gruppo non interferiscono nella sostanza della norma, ma cercano di
conferire maggiore ordine al testo legislativo, nel secondo caso viene intaccata l’essenza della misura.
Occorre in aggiunta fare riferimento al principio generale per cui la legge non dispone che per l’avvenire,
non potendo assumere fattispecie verificatesi prima della sua entrata in vigore. Nel caso di specie la Legge
di Bilancio ha iniziato a produrre effetti dal 1° Gennaio 2021. Diversamente, si sarebbe dovuto inserire un
chiaro ed espresso riferimento alla volontà di applicare retroattivamente le discipline, come nel caso del
credito investimenti.
Ad ogni modo, in assenza di una linea guida certa da parte del Ministero non resta che operare
prudenzialmente, rispettando quanto previsto per il 2020 e attuando nel caso una contabilità separata per
quelle spese da considerare ancora “in forse”.

Temporary framework: proroga al 31 dicembre 2021
Plafond più alti e possibilità di trasformare i contributi in liquidità

Lo scorso 28 gennaio la Commissione europea è intervenuta in tema di Temporary Framework.
Tale strumento è stato adottato da marzo 2020 con il fine di sostenere l’economia europea durante la
pandemia ancora corrente. L’obbiettivo è quello di cercare di sopperire alle carenze di liquidità da parte
delle imprese consentendo agli Stati Membri di adottare misure di sostegno derogatorie.
Oggetto di diverse modifiche e adeguamenti, è stato prorogato al 31 dicembre 2021, con un aumento
dell’importo concedibile alle imprese con perdite di fatturato superiori al 30% (da 3 a 10 milioni).
Ancora, vengono aumentati i massimali degli aiuti di Stato da 800 mila a 1,8 milioni di euro.
Tale soglia è valida per la generalità delle imprese, ad esclusione di alcuni settori, quali l’agricoltura e la
pesca.
In questo caso infatti le soglie passano dai 100 mila euro per l’agricoltura ai 225 mila; e da 120 mila euro
per i settori della pesca e dell’acquacoltura a 270 mila euro.
La proroga del TF è valida per tutte le misure previste nel quadro temporaneo, compree le misure di
ricapitalizzazione il cui termine era prima fissato al 30 settembre 2021.
Ricordiamo che gli interventi del TF sono cumulabili con il de-minimis.
La maggiore novità resta la possibilità di convertire, fino al 31 dicembre 2022, gli strumenti rimborsabili
concessi nell’ambito del quadro in altre forme di aiuto, come ad esempio sovvenzioni a fondo perduto.
Ciò si traduce nella possibilità per un molte aziende di utilizzare eventuali contributi fuori plafond,
trasformandoli di fatto in liquidità, senza dovervi rinunciare, rimborsarli o pagare sanzioni.
Per quanto sembri una boccata d’aria per il bacino potenziale di utenti, d’altra parte occorre considerare la
possibile difficoltà di calcolo degli aiuti già fruiti. Infatti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, rientrano
gli aiuti per la produzione e la fornitura di dispositivi medici, i ristori, le agevolazioni regionali per il Covid, gli
aiuti per la ricapitalizzazione delle imprese, le garanzie Ismea, la decontribuzione Sud per l’occupazione e
molte altre..

Sicuramente uno strumento valido e anzi necessario per consentire una ripresa cosciente e strutturale delle
imprese, che deve però essere dettata da una strategia interna e non dalla smania di ottenere il più
possibile.

Fondo salva-imprese: ristrutturare le PMI in difficoltà con un quid in più
Dal 2 febbraio si è aperta la finestra temporale di Invitalia

Il Decreto Rilancio, nello specifico l’articolo 43, istituisce il Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali
e la prosecuzione dell’attività di impresa. Per tale fondo sono stati stanziati ben 300 milioni.
A valere sulle risorse, Invitalia è nuovamente nominato gestore di un’altra misura, che si è ufficialmente
aperta il 2 febbraio scorso.
Obiettivo del bando nazionale è finanziare programmi di ristrutturazione finalizzati alla salvaguardia dei
livelli occupazionali e alla prosecuzione dell’attività d’impresa.
Beneficiari
E’ una misura particolare con un bacino non troppo ampio di possibili beneficiari. Infatti possono proporsi
le società di capitali con almeno 250 dipendenti, che si trovino in uno stato di difficoltà economico-
finanziaria, o imprese che detengano beni e rapporti di rilevanza strategica per l’interesse nazionale.
Inoltre devono avere già avviato un confronto presso la struttura per la crisi d’impresa del Ministero dello
sviluppo economico perché in difficoltà economica.
Come agisce il fondo
Invitalia effettua investimenti diretti nel capitale di rischio purchè vengano rispettate le seguenti condizioni:
– la partecipazione diretta acquisita (Equity) deve essere di minoranza;
– l’intervento complessivo per singola operazione non può superare l’ammontare di 10 milioni di
euro;
– l’operazione di investimento è effettuata unitamente e contestualmente a:
o investitori privati indipendenti che apportano almeno il 30% delle risorse previste;
o all’impresa proponente che garantisce un contributo proprio pari ad almeno il 25% per le
piccole imprese, 40% medie imprese e 50% grandi imprese;
o Exit a 5 anni con condizioni di uscita definite già nell’operazione di investimento.

Ulteriormente, il Soggetto gestore potrà realizzare investimenti in quasi equity.
Cosa occorre per presentare domanda
Le aziende interessate alla misura devono predisporre un programma di ristrutturazione dettagliato,
finalizzato alla salvaguardia dei livelli occupazionali e alla prosecuzione dell’attività di impresa, individuando
anche tutti gli strumenti, le politiche e le strategie per il raggiungimento degli obiettivi, ad esempio tramite
l’individuazione di potenziali compratori, o manifestando l’opportunità di acquisto da parte dei propri
dipendenti.
La sottomissione della domanda deve avvenire telematicamente, sfruttando la piattaforma e la
documentazione fornita da Invitalia, fino ad esaurimento fondi.