Modello di organizzazione, gestione e controllo: la responsabilità penale delle persone giuridicheex art. 231/2001 [Seconda Parte]
Seconda Parte dell’elaborato dell’ Avv. Valeria Marinuk, referente del network www.consulentiaziendaliditalia.it per la provincia di Ascoli Piceno.
I reati presupposto
Il numero dei reati che possono originare la responsabilità delle aziende e degli enti in forza del D.Lgs 231/2001 è in continuo ampliamento e annovera principalmente fattispecie di origine dolosa.
La classificazione è la seguente:
• reati contro la Pubblica Amministrazione;
• delitti informatici e trattamento illecito di dati;
• reati di falso nummario;
• reati societari;
• reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico previsti dal codice penale;
• pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili;
• delitti contro la personalità individuale;
• abusi di mercato;
• omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela e sicurezza sul lavoro;
• ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro beni o utilità di provenienza illecita;
• delitti in materia di violazione del diritto di autore;
• induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria;
• reati ambientali;
• impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare;
• delitti tentati.
Il novero dei reati presupposto è talmente vasto ed eterogeneo da porre sul medesimo piano reati di natura completamente diversa e spesso di non facile intelligibilità per i non addetti ai lavori, in un ragionamento complessivo che può risultare ostico anche al più scrupoloso degli imprenditori.
Gli autori dei reati
Quanto all’individuazione di soggetti persone fisiche la cui condotta illecita refluisce sulla sfera giuridica dell’ente si è utilizzato il ricorso ad una “formulaelastica”, anziché a categorie definite .
La prima categoria ricomprende coloro che rivestono funzioni apicali, dunque di amministrazione, gestione e direzione. Collocandosi ai vertici dell’Ente, ne esprimono istituzionalmente le scelte di politica aziendale, è perciò lapalissiano dedurre che gli eventuali illeciti penali commessi da tale categoria impegnino l’ente anche sul fronte della responsabilità amministrativa dipendente da reato. Sono inclusi nella categoria i soggetti che esercitano “anche di fatto”, cioè in senso sostanziale, il controllo dell’ente.
Rientrano in tale gruppo, pertanto, quei soggetti che di diritto ovvero di fatto, in virtù di poteri originari o delegati, esercitano un penetrante potere sull’ente o su una sua unità organizzativa dotata di autonomia funzionale e finanziaria.
In tal caso, si reputa che il reato sia addebitabile ad una politica dell’ente o ad un deficit organizzativo.
La seconda fascia interessata è quella dei subordinati ovverosia dipendenti dell’ente, oltre a tutti coloro che agiscono in nome e per conto dell’ente, quali collaboratori, parasubordinati e consulenti.
Se da un lato, la loro inclusione potrebbe suscitare qualche perplessità, in quanto si tratta di soggetti non forniti di autonomia deliberativa e organizzativa si deve tener conto del fatto che nelle realtà aziendali complesse si opera attraverso una molteplice suddivisione di competenze e frequente è il ricorso alla c.d. “delega di funzioni”.
E’ apparso dunque irragionevole escludere, in linea di principio, la configurabilità della responsabilità amministrativa dipendente da reati commessi dai suddetti soggetti, ove questi abbiano agito in nome e per conto dell’ente ponendo in essere attività destinate a riversarsi nella sfera giuridica dello stesso.
La responsabilità della società è esclusa nei casi in cui il reato sia stato commesso dall’autore esclusivamente per perseguire un tornaconto personale.
L’ente, dunque, si libera dall’imputazione dimostrando la sua estraneità al fatto illecito e un’efficacie attuazione dei parametri di gestione e di controllo adeguati al settore di operatività .
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