TIMBRI I BADGE PER I COLLEGHI ASSENTI? RISCHI DI ESSERE LICENZIATO!

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4693 del 23 marzo 2012, ha stabilito che è legittimo il licenziamento disciplinare intimato sia al lavoratore che timbra il badge dei colleghi assenti sia ai lavoratori che ne beneficiano.
La Corte ha rigettato il ricorso proposto da tre dipendenti licenziati dall’azienda presso cui prestavano servizio in quanto, in più di un’occasione, hanno fittiziamente ottemperato all’obbligo di regolare presenza sul posto di lavoro mentre erano di fatto assenti dallo stabilimento per l’intera giornata lavorativa.

La Suprema Corte, confermando la decisione del giudice d’Appello, ha precisato che la condotta contestata appariva connotata da un elemento particolarmente intenso e fraudolento, frutto di un preventivo accordo, che implicava la violazione di fondamentali doveri scaturenti dal rapporto di lavoro subordinato ed era idonea a ledere la fiducia dell’azienda nella futura correttezza dell’adempimento della prestazione lavorativa.

Confermato quindi il licenziamento che, secondo i giudici, trova conforto nelle norme del codice disciplinare e in quelle del CCNL che prevedono il licenziamento senza preavviso di fatti che costituiscono delitto a termine di legge, come appunto l’illecito contestato ai ricorrenti.

Attenzione, la soppressione del DPS non elimina quasi nessuno degli adempimenti privacy obbligatori

Il “Decreto semplificazioni”, recentemente approvato dal Parlamento, ha soppresso l’obbligo di redazione o aggiornamento del Documento Programmatico sulla Sicurezza (DPS), a decorrere già dalla prossima scadenza del 31 marzo 2012.
È stata eliminata anche la necessità di indicare nella relazione accompagnatoria al bilancio d’esercizio l’adozione o l’aggiornamento del citato D.P.S…

Tale novità non impatta sull’obbligo di adozione delle misure minime di sicurezza previste dal Codice della Privacy (che rimangono in vigore) ma solamente sugli obblighi di rendicontazione annuale dell’adozione delle medesime misure di sicurezza.

Riepiloghiamo di seguito gli adempimenti che restano obbligatori:

la nomina del titolare del trattamento dei dati, che generalmente coincide con la Società, nella persona del suo Legale rappresentante;
la nomina dei responsabili del trattamento dei dati;
la nomina degli incaricati al trattamento dei dati;
la nomina dell’amministratore di sistema
il rilascio di apposita informativa;
la preventiva richiesta del consenso al trattamento dei dati;
la notificazione al Garante della Privacy, quando ricorra l’obbligo;
l’adozione di idonee misure di sicurezza, per garantire che i dati personali vengano custoditi e controllati in modo da ridurre ad un ragionevole margine, il rischio di:
sottrazione, alterazione, perdita degli stessi,
di accesso non autorizzato da parte di terzi,
trattamento di dati non consentito e….leggi l’articolo completo al seguente link:
http://www.marcoansaldicommercialista.it/attenzione-la-soppressione-del-dps-non-elimina-quasi-nessuno-degli-adempimenti-privacy-obbligatori/

Sai quanto è importante avvalersi di professionisti qualificati nella relazione della dichiarazione dei redditi?

Oggi ho incontrato il figlio di un mio conoscente che dopo aver saputo che mi occupavo anche della redazione delle dichiarazioni dei redditi mi ha portato in visione il modello UNICO dello scorso anno redatto da un non precisato centro di assistenza fiscale.

Da un primo colpo d’occhio della dichiarazione sono subito emerse alcune “leggerezze” che seppur non hanno determinato irregolarità formali hanno di fatto impedito, a quello che da ora sarà un mio nuovo cliente, di ottenere un rimborso di….leggi l’articolo completo al seguente link:
http://www.marcoansaldicommercialista.it/sai-quanto-e-importante-avvalersi-di-professionisti-qualificati-nella-relazione-della-dichiarazione-dei-redditi-dichiarazione/

Migliora le condizioni di igiene e sicurezza ed ottieni una riduzione del tasso Inail!

Anche quest’anno è data la possibilità alle aziende che svolgano l’attività da almeno due anni ed abbiano effettuato interventi di miglioramento delle condizioni di igiene sicurezza nei luoghi di lavoro, rispetto a quelle minime previste dal D.Lgs. n.81/08, di ottenere dall’Inail una riduzione del tasso di premio applicato.

La domanda di riduzione dovrà essere presentata entro il 29 febbraio 2012 a condizione che gli interventi di miglioramento nel campo della prevenzione degli infortuni siano stati eseguiti nel corso dell’anno 2011.

La riduzione, se riconosciuta, sarà applicata dall’azienda in sede di regolazione del premio 2012 (febbraio 2013).
Tale riduzione è applicata in misura fissa ed è collegata al numero di lavoratori presenti in azienda con le seguenti percentuali:

tabella-lavoratori.jpg

Quali requisiti per l’accesso al beneficio
L’azienda, per poter accedere al beneficio, deve essere:

  • in regola con le disposizioni in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro;
  • in possesso della regolarità contributiva e assicurativa.

Inoltre, per fruire della riduzione, è necessario che, al momento della concessione del beneficio, i datori di lavoro siano in possesso dei seguenti requisiti:

applicazione integrale della parte economica e normativa degli accordi e dei contratti collettivi nazionali e regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché degli altri obblighi di legge;
inesistenza, a carico del datore di lavoro o del dirigente responsabile, di provvedimenti, amministrativi o giurisdizionali, definitivi in ordine alla commissione delle violazioni, in materia di tutela delle condizioni di lavoro;
regolarità contributiva nei confronti di Inail e Inps e, per il settore edile, anche delle Casse Edili.

Beni societari utilizzati da soci e famigliari

Il Decreto Legge del 13 agosto 2011 ha introdotto importanti novità in materia di contrasto a quelle che vengono definite “società di comodo” ed istituito specifiche disposizioni fiscali per contrastare quel fenomeno, più o meno diffuso, che vede spesso le aziende far gravare sui conti dell’attività beni che nella realtà vengono utilizzati per fini privati dai soci o dai loro familiari.

Nel caso in cui soci o familiari dell’imprenditori utilizzino personalmente beni destinati all’impresa il provvedimento dispone quanto segue:

1) si viene a generare un reddito diverso in capo all’utilizzatore;

2) i costi del bene utilizzato divengono indeducibili;

3) è istituito l’obbligo di presentazione di una comunicazione all’Agenzia delle Entrate nella quale indicare tale utilizzo.

Quando trasmettere la comunicazione

La comunicazione va resa in via telematica entro il 31 marzo successivo alla chiusura del periodo d’imposta in cui viene concesso l’utilizzo ovvero tale utilizzo viene revocato; si tratta quindi di una comunicazione da rendere una tantum, sino a successiva variazione.

Tale obbligo può essere assolto indifferentemente dalla società ovvero dai soci. La comunicazione deve essere effettuata quando:

· i beni dell’impresa sono concessi in godimento ai soci o ai loro familiari;

· i beni dell’impresa sono concessi in godimenti ai soci o ai familiari di altra società appartenente al medesimo gruppo di imprese.

Cosa deve essere comunicato

Nella comunicazione devono essere indicati i seguenti elementi:

– per le persone fisiche: codice fiscale, dati anagrafici e Stato residenza;

– per i soggetti diversi dalle persone fisiche: codice fiscale, denominazione e comune del domicilio fiscale o lo Stato estero di residenza;

– tipologia di utilizzazione del bene;

– tipologia, identificativo del contratto e relativa data di stipula;

– categoria del bene, durata della concessione (data di inizio e fine), corrispettivo e relativo valore di mercato;

– ammontare dei finanziamenti e capitalizzazioni.

I beni monitorati

La comunicazione riguarda le seguenti categorie di beni:

– autovettura (numero di telaio);

– altro veicolo (numero di telaio);

– unità da diporto (lunghezza in metri);

– aeromobile (potenza del motore in KW);

– immobile (Comune di ubicazione e identificativi catastali);

– altro (altre tipologie di beni rilevano solo se il bene è di valore superiore ad € 3.000 al netto dell’imposta).

Vista la delicatezza della questione, nel caso di utilizzo privato di un bene sociale o dell’impresa, si consiglia di valutare attentamente la propria posizione con largo anticipo rispetto alla scadenza del 31 marzo prossimo.

Il nuovo redditometro: le spese sotto osservazione

Impostato sul modello dei paesi del Nord Europa per stanare l’evasione fiscale, il nuovo redditometro rappresenta una delle novità più dirompenti che interesserà le dichiarazioni fiscali riferite agli anni 2009 e 2010.

Con questo strumento l’Erario ambisce a portare nelle casse dello Stato oltre 741 milioni di euro nel 2011, 1,2 miliardi di euro nel 2012 e 1,3 miliardi di euro nel 2013.

Interesserà oltre 41 milioni di contribuenti – persone fisiche – tra cui professionisti, commercianti, artigiani, imprenditori individuali, dipendenti e pensionati.

Avrà l’obiettivo di individuare le persone che non dichiarano o che nascondono le imposte da versare allo Stato mediante il confronto tra quanto dichiarato e quanto speso dal contribuente.

Ma spieghiamo meglio il funzionamento del nuovo redditometro, le spese che rientreranno nelle lente del Fisco e come il contribuente potrà difendersi.

Come funziona

Le spese saranno pesate secondo un calcolo statistico per arrivare a un reddito stimato del nucleo familiare; quest’ultimo sarà poi rapportato ai redditi dichiarati dai componenti della famiglia per rilevare eventuali anomalie; in altre parole verrà valutato il tenore di vita condotto dal contribuente con i redditi dichiarati nel corso dell’anno.

Saranno almeno 100 le voci di spesa tenute sotto controllo che verranno elaborare con un software secondo una metodologia statistico matematica che si applicherà in relazione a precisi gruppi di famiglie differenziati per aree geografiche.

L’accertamento si attiverà quando il software del Fisco rileverà uno scostamento, tra quanto dichiarato dal contribuente in dichiarazione e quanto speso, superiore al 20%; in questo caso l’Agenzia delle entrate inviterà il contribuente nei propri uffici locali per un contraddittorio, nel corso del quale il cittadino dovrà spiegare e giustificare gli scostamenti evidenziati.

Quali spese saranno osservate

In prima battuta saranno osservate le spese che emergono dalle dichiarazioni dei redditi e per le quali si fruisce delle detrazioni fiscali, come ad esempio gli interessi passivi del mutuo sugli immobili, le spese di ristrutturazione, le spese mediche, ecc… e quelle per le quali si fruisce delle deduzioni d’imposta come i contributi versati per le colf, le somme versata per la previdenza complementare, i contributi obbligatori, ecc…

In seconda istanza verranno prese in considerazione le spese rilevabili dalle banche dati del Fisco come il pagamento di canoni di leasing, l’acquisto o il possesso di auto e barche, l’affitto di residenze estive, la partecipazione a circoli sportivi e centri benessere, l’effettuazione di viaggi turistici, crociere, rette per la scuola dei figli in istituti privati ma anche le spese per la cura dei propri hobby.

Sotto l’occhio del Fisco anche le spese sostenute per le assicurazioni in caso morte, vita, salute, il versamento di contributi previdenziali e assistenziali ma anche il possesso di azioni e movimentazioni finanziarie.

Rileveranno anche le spese sostenute per la cura ed il possesso di animali.

Come difendersi dal redditometro

Nell’incontro con i funzionari dell’Agenzia delle entrate il contribuente potrà spiegare le spese sostenute e l’origine dei redditi che le hanno permesse come ad esempio un risparmio accumulato e speso successivamente, la percezione di un reddito non soggetto a tassazione che quindi non risulta al Fisco, la percezione di un reddito sottoposto a tassazione separata che quindi non è presente nella dichiarazione dei redditi, la percezione di redditi tassati alla fonte (es. titoli di Stato), ecc…

Se il contribuente riuscirà a giustificare la difformità tra il reddito e le spese, la pratica sarà archiviata; in caso contrario, potrà aderire al cosiddetto accertamento con adesione; di fatto il cittadino accetta l’esito dell’Agenzia delle entrate e viene ammesso al pagamento di sanzioni ridotte e all’eventuale pagamento rateale del maggior debito.

Nel caso in cui il contribuente non sia disposto ad accettare il risultato elaborato dall’Agenzia delle entrate, l’amministrazione finanziaria farà scattare l’accertamento definitivo ed il contribuente potrà ricorrere alla magistratura tributaria per la difesa delle proprie ragioni.

Se vuoi ottimizzare la forza lavoro della tua azienda puoi contattarmi compilando la form al seguente link: http://www.marcoansaldicommercialista.it/contatti/

Come contenere i costi del lavoro

Mi arrivano sovente richieste da parte di aziende con dipendenti che sempre più spesso si trovano a dover fare i conti con la gestione di un lavoro diventato sempre meno costante che alterna momenti di forte intensità lavorativa a momenti di forte calo della domanda.

Ne consegue che se da una parte la riduzione dell’attività lavorativa può in parte essere gestita con la messa in ferie di alcuni lavoratori o con la richiesta della cassa integrazione guadagni, dall’altra parte le punte di lavoro vengono per lo più gestite con la richiesta di straordinari con conseguente aumento dei costi di produzione.

Puntualmente mi trovo a ribadire che uno degli strumenti di più facile attuazione che permette di conciliare le esigenze delle imprese e dei lavoratori è spesso già disciplinato dalla maggior parte dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) con la regolamentazione di quelli che vengono definiti regimi di FLESSIBILITA’ del lavoro e con l’istituto delle BANCHE ORE degli straordinari.

Ma procediamo con ordine. Cos’è il regime della flessibilità del lavoro:

Per far fronte alle variazioni di intensità dell’attività lavorativa, l’azienda può realizzare diversi regimi di orario in particolari periodi dell’anno, con il superamento dell’orario contrattuale sino al limite delle 48 ore settimanali, per un massimo di un numero di ore annue stabilito dal CCNL.

A fronte del superamento dell’orario contrattuale, l’impresa corrisponde, in periodi di minore intensità lavorativa, una pari entità di ore di riduzione.

In altre parole le ore di straordinario che vengono prestate in un determinato periodo dell’anno non vengono pagate nel mese successivo ma utilizzate come permessi retribuiti in un momento di calo della domanda.
Le ore di straordinario accantonate maturano, tuttavia, una percentuale di maggiorazione che però è inferiore alla maggiorazione prevista per lo straordinario.

Cosa sono le banche ore dello straordinario:

Viene previsto che in alternativa al compenso per il lavoro straordinario il lavoratore possa optare per la fruizione di permessi retribuiti da usufruire in altri periodi dell’anno.
Si tratta di una importante previsione inserita nella maggior parte dei CCNL, che consente ai lavoratori dipendenti di coniugare le proprie esigenze, in termini di disponibilità di orario, con le esigenze determinate dai ritmi e dalle scadenze del lavoro.
Il meccanismo di fruizione dei riposi compensativi è simile a quello previsto per il regime della flessibilità ma la maggiorazione del costo orario è ulteriormente ridotta.
Si tratta in sostanza di due strumenti di semplice attuazione realizzabili con un apposito accordo individuale tra l’azienda ed il lavoratore.

Se desideri maggiori informazioni puoi contattarmi compilando la form al seguente link: http://www.marcoansaldicommercialista.it/contatti/

Perché gestire il lavoro con una cooperativa

Il mondo delle cooperative ha subito, nel corso degli ultimi anni, notevoli interventi legislativi tesi ad assimilare la disciplina fiscale e previdenziale dei soci lavoratori a quella dei lavoratori dipendenti delle più tradizionali forme d’impresa; ciononostante, sono ancora molte le agevolazioni, in termini di flessibilità nella gestione del lavoro ed in termini fiscali, che vengono riservate a tali organizzazioni.

Con la riforma del diritto societario, avvenuta nell’anno 2003, la disciplina delle cooperative è stata interamente riscritta; oggi le nuove cooperative sono suddivise in due grandi categorie: cooperative a “mutualità prevalente” (l’attività viene prevalentemente svolta in favore dei soci), alle quali sono riservate le agevolazioni fiscali; e le cooperative “diverse”, alle quali si applicano le regole previste per le società di capitali.

Le Cooperative possono poi essere suddivise in base alle finalità perseguite in:

1. cooperative di consumo
quando acquistano merci all’ingrosso per venderle ai soci e ai terzi a prezzi vantaggiosi;

2. cooperative di produzione e lavoro
quando producono beni e servizi; in questi casi i soci si sostituiscono agli imprenditori assumendo conseguentemente i vantaggi connessi alla gestione ma anche gli oneri ed i rischi d’impresa. Le cooperative di produzione e lavoro si possono ancora suddividere in: cooperative industriali, cooperative di lavoro e cooperative agricole.

3. cooperative edilizie
quando hanno come finalità quella di fornire ai soci abitazioni con prezzi favorevoli ed a condizioni di acquisto agevolate;

4. cooperative di credito
quando hanno come scopo quello di agevolare la concessione del credito ai singoli associati.

Tra i vantaggi più rilevanti che interessano direttamente le cooperative si segnala la possibilità di gestire la forza lavoro in modo maggiormente flessibile, un trattamento fiscale più favorevole con agevolazioni e minori tasse e la possibilità di accedere più agevolmente a forme di finanziamento.

Vantaggi che si riflettono anche sulle imprese che si avvalgono dell’opera prestata dai soci delle cooperative, perché magari affidano parte dei servizi o delle proprie lavorazioni all’esterno; vantaggi che si realizzano in termini di maggiore flessibilità nella gestione delle commesse di lavoro e di minori costi della forza lavoro.

Se desideri maggiori informazioni puoi contattarmi compilando la form al seguente link: http://www.marcoansaldicommercialista.it/contatti/

Come difendersi dalla crisi e dall’ipercompetitività del mercato: flessibilità nella gestione del lavoro

A partire dalla Riforma Biagi del 2003 per arrivare ai giorni nostri si è assistito all’introduzione di sempre maggiori forme di flessibilità nella gestione del rapporto di lavoro che, se da una parte sono considerate tipologie contrattuali atte a favorire l’incremento dell’occupazione, dall’altra rappresentano uno strumento che consente alle imprese il contenimento dei costi nel rispetto della legalità.

Sulla base di tali considerazioni, al fine di contenere gli effetti della crisi, le imprese dovrebbero rimettere in discussione la tradizionale gestione delle risorse umane compiendo un processo che si compone di tre fasi principali:

1) Analisi della domanda e di come essa possa essere soddisfatta dalla forza lavoro; al termine della valutazione potrebbe risultare utile introdurre:

  • – forme di flessibilità con il supero dell’orario di lavoro in alcuni mesi dell’anno che verrebbe recuperato in periodi di calo lavorativo;
  • – banche ore per gestire le eccedenze dell’orario di lavoro;
  • – per le attività caratterizzate dalla stagionalità contratti a tempo parziale verticale con la con prestazioni lavorative solamente in alcuni mesi dell’anno;
  • – ricorso agli ammortizzatori sociali quali la cassa integrazione per la gestione dei cali di lavoro.

2) Studio delle forme di assunzioni incentivate e agevolate con cui inquadrare il personale in entrata. A fianco del classico contratto di apprendistato, nella maggior parte dei contratti di lavoro stipulabile con giovani fino a 29 anni di età, sono numerose le assunzioni agevolate rivolte ai soggetti in cassa integrazione o mobilità mentre sempre più spesso Province e Regioni istituiscono appositi bandi per favorire l’occupazione e conseguentemente agevolare determinate categorie di lavoratori.

Altro strumento molto interessante è lo stage di lavoro che consente all’azienda, per non più di 6 mesi, di garantirsi la presenza di un lavoratore senza costi contributivi.

3) Rimettere in discussione i processi di lavorazione interna individuando le attività non strategiche che possono essere esternalizzate o magari affidate alle cooperative di produzione e lavoro o alle cooperative sociali.

In molti casi, al temine delle valutazioni, il risultato finale in termini di ottimizzazione della forza lavoro e di contenimento dei costi potrebbe essere sorprendente.

Se vuoi ottimizzare la forza lavoro della tua azienda puoi contattarmi compilando la form al seguente link: http://www.marcoansaldicommercialista.it/contatti/